Trasloco!

Dopo una settimana e mezza come ospiti di Adriana e Pepe (muchìsimas gracias!), finalmente ci hanno trovato una casetta (di più ancora non sappiamo) vicino alla chiesa di Fatima e tra poco ci porteranno lì. Bene, così saremo più vicini alla nostra zona di operazioni e perché così saremo un po' più sistemati!
L'unico problema è che dubitiamo di ritrovare lì, zona più povera, anche se decente, la grande fortuna del tonto con la connessione senza fili non protetta che fino ad ora ci ha permesso di usare internet alla grande (e gratis!) potendo così scrivervi spesso... Comunque torneremo come all'inizio a sfruttare gli internet point, ma già da ora avvisiamo che ci sentirà con meno frequenza.

p.s. Oggi qui, per festeggiare l'evento, il tempo è orribile, con enormi nuvoloni neri e pioggia a intervalli regolari.
p.s.2 Questa mattina Mattia e il seminarista Josè Juan hanno sfruttato la mattina libera dei padri per darsi allo sport: 15 km di corsa lungo la zona hotelera (percorso in asfalto, argghh), intervallando corsa e cammino, per un totale di 20km! Come prima volta decisamente troppo...

Ancora sugli autobus...

Ormai sono il nostro mezzo di trasporto. Sono lentini, per le innumerevoli fermate, e perché spesso sulle strade a grande scorrimento, viaggiano sulla corsia interna, separata dalle altre e piena di buchi, però sono validi, in quanto economici (0,35€ a corsa) e perché puoi scendere dove vuoi, sfruttando ogni rallentamento o semaforo. Su un aspetto sono anche più funzionali che nella moderna Padova: puoi entrare solo da davanti, dove l'autista ti vende il biglietto, per cui non puoi scampare. In questo sistema "onesto" c'è però il trucco: a volte l'autista incassa, ma non dà il biglietto, per cui quei soldi può poi intascarseli, non essendo un'entrata registrata; non accade spesso, ma accade. Questo trucco però può anche trasformarsi in una possibilità di buon'azione: un autista, dopo aver chiacchierato con noi e scoperto la nostra identità missionaria, quando stavamo scendendo ci ha discretamente rimesso in mano il prezzo del biglietto, che appunto questa volta non aveva emesso.... il Signore opera in mille modi!

Al lavoro!

Eh sì, oggi si comincia davvero: 40 minuti di autobus e arriviamo alla Ciudad de la Alegrìa, dove per tutta la mattina Elena mette in campo la sua professionalità riabilitando i malati e Mattia fa da supporto interpretariale (e quando non è richiesto si dedica all'apprendimento della sua parte di arcangelo per la pastorela, il dramma natalizio che insceneremo il 3 dicembre; o allo studio del materiale sull'evangelizzazione). Per Mattia è anche l'occasione giusta per vedere questa famosa mogliettina fisioterapista al lavoro, e bisogna dire che sembra proprio brava: sa cosa fare e lo fa con impegno e affetto.

I pazienti sono vari, adulti e bambini, e quando lavora con questi ultimi Elena è davvero felice: era il suo sogno post-lauream, ma a Padova le possibilità erano poche. Qui oggi tratta Jorge, di 8 mesi, e Monserrat, un bimba di 7, entrambi con lievi ritardi motori, e vederla “giocare” con loro è proprio bello e interessante.

Vedendola alle prese con gli adulti, però, si apprezza di più la competenza; oggi si dedica a Carmelo, con emiparesi sinistra, Angel, i cui problemi di movimento derivano dalla debolezza estrema a cui lo ha portato l'AIDS (probabilmente, dato che della storia di questi pazienti si sa ben poco, per ora), e Luis, PCI (paralisi cerebrale infantile), un miracolato, sopravvissuto a svariate operazioni molto serie, che ora si muove appena, però almeno capisce e risponde come può. Con quest'ultimo si otterrà ben poco, ma per lui è importante almeno provare e sentirsi curato; Arturo invece potrebbe migliorare, ma oggi, dopo pochi minuti e ancor meno esercizi... “vi ringrazio molto, ma basta!”: si riproverà mercoledì, quando torneremo per la seconda seduta a tutti loro e per cominciare anche con altri.

Prime attività

Poco a poco va delineandosi anche quale sarà il nostro lavoro, o meglio i nostri lavori, perché tante e diverse sono le cose da fare.

Da lunedì la fisioterapista Elena comincerà un programma di riabilitazione per alcuni adulti e bambini malati di AIDS (qui SIDA) ospiti della Ciudad de la Alegria, un centro della Caritas della diocesi di Cancun, gestito da un gruppo di suore. È una nuova struttura, bella e funzionale, del 2002, che comprende un centro accoglienza per la distribuzione di cibo e coperte, un asilo de ancianos, un centro per madri in difficoltà, con i loro figli, una cappella costruita per fungere anche da rifugio in caso di cicloni, un complesso di saloni per incontri di formazione e appunto il centro per malati di AIDS, dove Elena lavorerà la mattina.

Per quanto riguarda le attività nelle comunità della parrocchia, sembra che una buona possibilità sia quella di dedicarci alle attività dell'ECYD, cioè Educaciòn, Cultura Y Deporte (sport), i gruppi per i ragazzi e le ragazze (separati) che continuano la formazione dopo i sacramenti.

A Mattia, dalla segreteria del vescovo, hanno chiesto di dare una mano per preparare la pagina internet della prelatura: una volta che avremo organizzato i nostri orari in funzione del lavoro da fare con Padre John, inseriremo anche questo.

Sabato 25 mattina Josè Juan, il seminarista, ci ha coinvolto in un incontro per los acolitos (chierichetti), così finalmente ci siamo dati un po' da fare, aiutandolo a gestire questa attività di spiegazione e preghiera sulla corona d'avvento per i circa 30 ragazzini presenti.

Alla sera invece, sempre con il nostro amico Josè Juan, incontro per preparare una pastorela, piccola opera teatrale natalizia, con alcuni ragazzi dell'ECYD della comunità di Fatima. È un buon testo, corto e semplice ma divertente e con un messaggio incisivo: il Natale è presentato come l'ultima invenzione di Dio, che mette in crisi Satana, preoccupato di perdere in competitività, per cui mentre gli angeli convincono i pastori ad andare a conoscere il nuovo grande arrivo, il diavolo li distoglie attirandoli nelle distrazioni mondane natalizie, tra cibo e bevande, regali da fare e biglietti da spedire, finché ovviamente alla fine gli angeli tornano a mettere in chiaro le cose ai pastori. Ci piace essere coinvolti nell'organizzazione e in più saremo anche proprio dentro lo spettacolo, Mattia come arcangelo e Elena, indovinate un po', come Maria, che per fortuna ha solo due battute, ma famose...
'Sto teatrino lo rappresenteremo nelle 4 domeniche d'avvento, in occasione dei ritiri di formazione per la gente delle varie comunità.

Oggi, 26 novembre è domenica, Cristo Rey, per cui nell'omonima chiesa del centro è festa grande, con processioni, celebrazioni solenni &co (foto). Per noi invece il programma prevede qualche messa in giro per i vari settori di questa grande parrocchia ancora tutta da scoprire.

Conoscendo colleghi

Proseguiamo con i nostri contatti all'interno della parrocchia di Fatima: il boss è Padre John, irlandese in Messico da più di 30 anni e qui a Cancun da più di 15, affiancato da due mesi da Padre James, americano, in Messico da 3 anni, ancora con una pronuncia mooolto americana dello spagnolo (curiosità: gira con una macchina americana, targa Connecticut, con le cinture di sicurezza attaccate alla portiera, che scendono e salgono automaticamente aprendo e chiudendo, per cui sei sicuro di mettertele! Come ammette anche lui, un dettaglio molto “gringo”). Da pochi mesi si è aggiunto al team anche José Juan un seminarista che dovrebbe essere ordinato l'anno prossimo, ed è con lui che ultimamente stiamo di più: è giovane (31), simpatico, molto attivo come i due padri, e si sta impegnando molto per inserirci. Altra conoscenza importante è stata quella di Francisco e Angela, coppia di adulti che lavorano come evangelizzatori a tempo pieno, da molto a lungo, e che sono stati i fondatori e formatori di molte delle attuali comunità. Ora Francisco ha dovuto cercare anche un altro lavoro (come evangelizzatori sono stipendiati, ma in questo momento non riuscivano a sostenere tutte le spese), per cui si può dedicare meno alla pastorale. È con loro che probabilmente lavoreremo nelle comunità più lontane e meno sviluppate.
Venerdì 24 sera, presso il bel teatrino parrocchiale, piccolo ma funzionale, che dà sul campetto sportivo in cemento, spettacolo dedicato al 62° anniversario dell'ordinazione sacerdotale del fondatore dei Legionari di Cristo: lettura di una sua lettera, balletto tradizionale della sua regione natale e rappresentazione sulla sua vocazione, molto ben preparata e recitata. Alla fine, Padre John ha colto l'occasione per presentare i due missionari italiani a questa comunità.


Què tiempo hace? (che tempo fa?)

Siamo in zona tropicale e vicini al mare, quindi di freddo qui non se ne parla (siamo fuggiti apposta dall'inverno padovano!), e di vere stagioni nemmeno: così, sempre bello! A parte la stagione dei possibili huracanes, che va da giugno-luglio a ottobre-novembre, quindi ormai dovremmo essere salvi, anche se la popolazione è sempre allerta, e li si capisce bene, visto che l'anno scorso Wilma qui ha fatto un vero disastro, devastando alberi e costruzioni, con enormi danni, sia per l'industria turistica, che però con i suoi potenti mezzi economici ha prontamente ricostruito tutto, sia per la gente comune, che ancora ricorda con terrore e sconforto quanto ha subito. Ora qui per i messicani è un periodo di “freddo” e sono molto preoccupati per noi che invece siamo contenti perché questa “primavera” (venticello che rinfresca, freddino la sera, caldo al sole ma senza esagerare...) ci permette di ambientarci al meglio, senza dover subire lo sbalzo dall'inverno italiano al caldo tropicale. Chi davvero subisce sono i poveri che vivono in case senza pareti, in amache anziché letti , e ciò avviene nella periferia più lontana a noi ancora sconosciuta, che sì patiscono il freddo notturno. Il problema, come in Italia, è l'aria condizionata, che impazza in ogni negozio facendoti sentire quasi freddo dentro e poi schiattare di caldo fuori per la differenza, mentre la temperatura esterna non è assolutamente male.


Spostarsi a Cancun

Le nostre giornate ora passano quindi tra una visita e l'altra, con Padre John che sfrutta le varie messe e gli incontri che ha in programma per farci entrare un po' alla volta a contatto con la gente e con i luoghi. Capita poi che i suoi impegni si prolunghino oltre quanto sarebbe utile a noi, per cui a volte ci consiglia giustamente di tornare a casa da soli. Cominciamo così a spostarci in taxi, visto che la periferia della città si sviluppa su un'area molto vasta e a piedi sarebbe impossibile muoversi. All'inizio va anche bene, bella esperienza, dopo un po' però comincia a farsi costoso; per fortuna che ora ci hanno spiegato le “rotte” degli autobus, visto che da soli era un po' complicato, non ci sono veri e propri “numeri”, semplicemente sull'insegna, o sul parabrezza, sono scritte le destinazioni e bisognava appunto che ci spiegassero quali direzioni seguire.


Oltre la zona "in", verso la povertà...

Finalmente mercoledì, dopo giorni di attesa e incontri e telefonate mancati, incontriamo Padre John (e vi lasciamo immaginare la pronuncia messicana di questo e altri nomi inglesi...), il fantomatico padre irlandese con cui dovremmo collaborare. Ci è sempre stato presentato come un ottimo sacerdote, ma di poche parole, che lavora tanto quanto non parla. Siamo quindi un po' intimoriti di fare la conoscenza di questo uomo silente, ma quando lo incontriamo nella casa cural, palazzina molto elegante, con squisito giardino interno, dove abitano i padri, si rivela essere molto più affabile del previsto. Ci presentiamo, raccontandogli le nostre esperienze di lavoro pastorale e offrendogli le nostre capacità e il nostro servizio, dopodiché comincia la scoperta della nostra area di lavoro, la parrocchia di Fatima, affidata da circa 16 anni appunto a Padre John. Secondo il nostro irish, Cancun si divide in tre zone, quella hotelera, lussuosa e puramente turistica, il centro (vicino al mare), dove vivono la famiglia che ci ospita e i padri, con case e auto più o meno ricche, e la zona più interna, che diventa sempre più povera man mano che ci si allontana dalle altre due. Fatima sta appunto in quest'ultima; è una parrocchia molto grande, divisa in cinque settori, ciascuno comprendente dalle 4 alle 7 comunità, che si riuniscono attorno a capillas più che a iglesias; infatti di chiese vere e proprie, in muratura, ce ne sono solo 3 (quella centrale di Fatima, Sagrado Corazon, e San Miguel Arcangel, ancora in fase di completamento), mentre le altre sono semplici coperture per celebrare la messa, alcune davvero misere, come quella che abbiamo visto in mezzo a uno spiazzo pieno di materiali da costruzione abbandonati, fatta con pali di sostegno in legno, uno dei quali è un albero ancora vivo, e tetto di frasche. E sì che ne abbiamo visitate solo alcune, e non quelle delle comunità più distanti. Come le capillas, anche il resto segue la tendenza: più ci si addentra nella periferia più la povertà si fa evidente, nelle case anguste e attaccate, nei negozi sempre più piccoli, nella sporcizia e nell'incuria ai bordi delle strade, nel fondo stradale che mostra buchi sempre più profondi e nei vestiti della gente o nei piedi scalzi di alcuni bambini. Il livello comunque qui non è ancora bassissimo, i negozietti offrono di tutto, la gente non sembra passarsela male, ma quello che colpisce è la differenza con il centro, così vicino (è questione di un quarto d'ora) e così lontano, e soprattutto l'impoverimento continuo della situazione, di incrocio in incrocio. E, di nuovo come per le capillas, ancora abbiamo visto poco, perché ci sono comunità che vivono in condizioni decisamente peggiori, ancora senza energia elettrica. Ci vengono in mente le Filippine, sia per questo impoverimento costante uscendo dal centro, sia per la struttura delle strade, per i negozi con le insegne dipinte sulla facciata e tutti attaccati uno all'altro, ma in fondo anche Nyahururu, in Kenia, non era tanto diversa, la povertà rende tutto abbastanza uguale; forse però la somiglianza con Calbayog e Dolores, le due città in cui siamo stati con Padre Amelio, è dovuta anche al fatto che le Filippine sono state a lungo dominio spagnolo e i legami a livello culturale, o meglio di caratteristiche sociali, si vedono ancora, uniti alla comune influenza del modello americano-occidentale, del consumismo e della pubblicità, a cui siamo ormai abituati ma che colpisce sempre molto quando si fa strada anche in contesti molto diversi come livello di ricchezza.


Martedì 21 novembre

Oggi giornata di feste: si celebrano i 35 anni della prelatura (diocesi allo stato embrionale) di Quintana Roo e 2 anni di vescovado di Pedro Pablo. Per cui messa alle 7,15 nella futura cattedrale di Cancun, ancora in costruzione, ma già molto accogliente, e successivo desayuno (colazione) offerto dal patronato: ottima occasione per mangiare alla grande (tortilla, frijoles (crema di fagioli), pan dulces, tarta...) e conoscere un bel numero di padri e altre persone con cui prima o poi si collaborerà. La comitiva poi si trasferisce in un rancho (come il ranch!), ma la nostra cara Adriana si perde un'altra volta nella sua grande confusione e ci abbandona a casa mentre va a lavorare in ufficio (è la coordinatrice degli evangelizzatori a tempo pieno, per cui ha molto da fare tra attività, ritiri e viaggi da organizzare, donazioni da ricevere e distribuire,...) e ci porta alla fiesta solo quando ha finito, suscitando dispiaceri e perplessità di tutti i padri che le e ci chiedono come mai arriviamo solo alle 3.15, a pranzo e spettacolo di mariachi finito... Ma niente paura, il pomeriggio è eccellente: riusciamo a recuperare il barbecue con della carne squisita (Giacomo, ti abbiamo pensato!) e pure i dolci, e anche i mariachi, con splendidi costumi e strumenti tradizionali, suonano ancora; ma soprattutto grazie alla conoscenza di Ricardo, messicano che ha vissuto anni in Italia, con la comunità Cenacolo (mondo piccolo, eh Marta?), recuperiamo pure la possibilità di un'uscita a cavallo! Sì, i due leoncini si godono l'esperienza fantastica di una tranquilla (vista l'inesperienza) cavalcata fino alla spiaggia, e lì lungo la riva del mare! Ritorno un po' avventuroso e pauroso quando i cavalli decidono di partire al galoppo, ma tutto OK.

Lunedì 20 novembre

Festa della rivoluzione messicana: parata delle varie scuole, associazioni sportive & co., ma niente di particolarmente caratteristico, più modello americano che tradizionale.
Acquisto scheda telefonica per chiamate all'estero: ciao ciao alle famiglie! (Giacomo e mamma abbiate fede, la prossima volta beccheremo a casa anche voi!).Pranzo fuori (ore 15 passate, ovviamente, ma ci stiamo abituando, facendo colazioni adeguate): oggi si provano le flautas, tacos con carne o formaggio, stretti e lunghi, come flauti, appunto, ricoperti di crema con verdure e formaggio. Molto buone!
E poi... LET'S GO TO AMERICA! Con un certo sconcerto e disgusto, spesa da Wal-Mart, “il” centro commerciale, simbolo del modello U.S.A. Comunque già in precedenza avevamo provato qualcosa di simile con un “Liverpool”, centro acquisti modello Coin, Rinascente... ma alcune volte più grande. I prezzi: beh, per noi gente da discount è difficile fare confronti, ci mancano i dati di riferimento, però ci pare che sia tutto (a questo livello di articoli) più economico, anche se di poco, diciamo un 10-15%.
[Curiosità linguistica, per chi è interessato (???). Le due Adriane comprano un dolce al formaggio e frutti di bosco, lo chiamano, in spagnolo “pai”, cioè l'inglese “pie”. L'ispanista chiede interessato perché, la risposta è che non è un “pastel” (dolce), è qualcosa di diverso per cui serve una parola diversa, che in spagnolo non c'è. L'ispanista propone “tarta” (torta), le due si guardano perplesse, ma solo per un attimo e poi rispondono: sì, “tarta” andrebbe bene! La cosa diventa ancora più divertente, o meglio scende nell'assurdo fino al collo, quando prendendo in mano la scatola l'ispanista indica loro che l'oggetto misterioso è chiamato “pastel”!!!]
[Curiosità gastronomiche: tra la varia frutta “esotica”, ci gustiamo la papaya e poi proviamo la toronja e il tuna (da non tradurre dall'inglese con “tonno”!), che scopriamo essere il fico d'india ( per fortuna dei due leoncini completamente diverso come gusto dal fico normale, che a loro non piace assolutamente!) Ma la curiosità vera è che toronja e tuna si possono mangiare anche con... indovinate un po'? CHILE E LIMONE!!! Sì, qui il chile, non quello piccantissimo, quello moderato, va su tutto!]


Domenica 19 novembre

Messa nella chiesa della zona hotelera, con coro molto moderno: tastiera che sfrutta alla grande tutti i possibili accompagnamenti, suonata dal lead singer con auricolare, due coristi e tre coriste (rigorosamente in scala d'altezza) tutti con microfono. L'effetto è strano, ma anima bene la celebrazione.

È il giorno (o meglio il primo di una lunga serie) di TELETON, che proprio come da noi raccoglie soldi in ogni modo, dalle cassettine per strada, alle vendite, agli spettacoli, alla TV, però non per la ricerca bensì per costruire degli eccezionali CRI (centri riabilitazione infantile) molto moderni, all'avanguardia, che accolgono con molto amore bambini con disabilità. La nostra “sorella” Ady è la coordinatrice dello stato di Quintana Roo (di cui fa parte Cancun) per la campagna di raccolta, che quest'anno (il 10°) è dedicata al 10° centro, che sarà costruito proprio in questo stato; così ci mostra dei video molto toccanti sui disabili ospitati e curati. La nostra Adriana, da buona mamma, prende il progetto della figlia molto a cuore e fuori dalla messa chiede contributi con insistenza, forse eccessiva, ma lo scopo è davvero valido.
Il resto della nostra giornata copia purtroppo la precedente. Il programma era ottimo: invitati da un'amica di Adrianamamma, pranzo e pomeriggio sulla spiaggia di un hotel; ma il risultato non lo è stato altrettanto: vento tremendo, che alzava folate di vaniglia devastanti per gli occhi e che abbassava eccessivamente la temperatura per i due intrepidi in costume, che pensavano di prendere il sole... Comunque, il nostro bagno nel mar dei Caraibi, a novembre, ce lo siamo fatto, anche se breve e pieno di alghe. Ma abbiamo due anni per rifarci, non vi preoccupate!


Sabato 18 novembre

Feliz cumpleanos (30) Adriana (figlia! detta Ady): colazione abbuffata, dolce e salata, conoscendo Michele, italiano di 30 anni, di Milano, artista, che in crisi di carriera e di vita si fa due mesi in Messico girando video sulla popolazione, viaggiando per lo più insieme agli evangelizzatori a tempo pieno. A metà mattina lo accompagniamo alla stazione degli autobus per continuare la sua avventura. Nel pomeriggio mamma e figlio maggiore, 35, che vive fuori casa (ricordandovi che il padre si chiama Pepe vi lasciamo indovinare il nome...) ci accompagnano molto gentilmente a una playa della “zona hotelera”, la parte ancora più “in” della città, ma forse è meglio dire “un'altra” città, fatta solo di alberghi, hotel, ristoranti, campi da golf, hotel, discoteche, locali, alberghi, centri commerciali, hotel... CHE NAUSEA!!!

La sabbia è stupenda, farina alla vaniglia, l'acqua... beh, dev'essere stupenda, ma non oggi, perché il tempo è improvvisamente diventato bruttino e il vento forte rende il mare molto mosso e quindi grigio scuro: niente bagno, perché se anche l'acqua è caldina, fuori il vento rinfresca assai e soprattutto la bandiera rossa garrisce e ammonisce. Perciò passeggiatina sulla vaniglia all'ombra di questi alberghi di cemento, mastodontici e nel complesso orribili e poi attesa perché ci vengano a riprendere. A sera messa con il vescovo Pedro Pablo (che avevamo già conosciuto a Roma a Ottobre in occasione di una canonizzazione) per l'anniversario della scuola-università De LaSalle e seguente festa degli studenti con spettacolini musical-danzanti e stand gastronomici che ci permettono un primo positivo contatto con tacos&co.

Ah, la giornata propone anche ingresso nel mondo della telefonia mobile messicana, abilitando il nostro telefonino.


Venerdì 17 novembre

Dopo il riposo post volo, la nostra ospite Adriana ci porta fuori con la sua macchina. E non è un dato da poco: si tratta di una Pontiac Aztec, un macchinone americano che sottolinea il livello sociale della gentile famiglia che ci ha accolto; la casa, su due piani, con piscina 6x3, cucina enorme, forni e frigoriferi per un esercito, dimostra altrettanto bene che siamo nella zona più “in” di Cancun, piena appunto di veicoli di lusso e case agiate. La destinazione odierna è la chiesa di Cristo Rey, centro della vita religiosa della città, o meglio di questa zona, con a fianco l'ufficio parrocchiale, dove però non troviamo nessuno. Dopo una sosta di preghiera torniamo a piedi da soli verso casa, scoprendo almeno un pochino di questa Cancun, piena di ristorantini, internet point che prima o poi useremo e negozi vari: c'è tutto quello che serve in una grande città.

Il pranzo offre altre informazioni interessanti: 1) i messicani mangiano tardi 2) la nostra cara Adriana è assai confusa e senza un senso del tempo ben definito 3) però cucina un'ottima zuppa e anche il resto è molto buono. Risultato: mangiamo alle 3.30, ma bene.

A sera non si sa bene se in questa nazione/in questa casa cenino o meno, fatto sta che dopo che la figlia Adriana (e vai con la fantasia!) prepara delle ottime palomitas (pop-corn) nel microonde e la mamma ne mette su un altro sacchetto, di mangiare altro non sente il bisogno nessuno, neanche Michele, ragazzo italiano che spunta in serata, ma di cui parleremo domani.

Giovedì 16 novembre

Primo giorno (buon compleanno Bea in ritardo)

Nero, blu, bianco, grigio... e di nuovo nero.

Ogni grande avventura comincia all'alba, ma noi vogliamo esagerare e alle 4.45, quando partiamo da Padova diretti a Venezia, il cielo è tutto nero perché il sole, che è astuto, si sveglierà ben più tardi! Essendo arrivati con largo anticipo, in aereoporto ce la prendiamo con calma e, dopo aver constatato con sollievo che il bagaglio con dimensioni da esodo rientra nel carico previsto, possiamo lasciarci andare all'emozione e ai saluti copiosamente liquidi: ciao famigliuole!

Dopo la dovuta radiografia a corpo e zainetti gentilmente offerta dallo staff aereoportuale e un'altra oretta di attesa, saliamo in aereo e si comincia a volare oh, oh, nel blu dipinto di blu. Sì perché ormai il sole è sorto e il cielo è sereno. Ma il volo fino a Madrid non è poi così bucolico, nonostante la fortuna del posto largo, quello a fianco all'ala, perché al posto di una dolce melodia le nostre orecchie si riempiono ben presto della sguaiata e provinciale conversazione dei tre italiani seduti dietro di noi e soprattutto perché la gentile compagnia Iberia decide di approfittare delle nuove norme antiterrorismo che ti impediscono di portarti da bere in aereo: non ti offrono nulla, neanche il pane e acqua delle low cost, imponendoti così la tremenda scelta tra la disidratazione da aria condizionata e il salasso da acquisto.

Ma, lamentele a parte, arriviamo tranquilli alla prima tappa. Altra attesa e nuovo decollo. Per fortuna la pioggia che ci ha accolto a Madrid finisce presto e così ci gustiamo il colore e l'immensità dell'atlantico. Viaggiamo, tra un sonnellino e l'altro, verso ovest, quindi guadagniamo ore e mentre in Italia si fa sera noi rimaniamo alla luce, anche se ormai grandi nuvoloni bianchi riempiono il cielo, e così non vediamo più il mare, ma ci sentiamo un po' come Bastian in groppa a Fucur...

Il video con la carta geografica ci mostra che dopo qualche turbolenza di troppo la trasvolata oceanica è ormai quasi finita, abbiamo passato Cuba e siamo già sopra la penisola dello Yucatan. Ma non è qui giù, a Cancun, che dovevamo andare? Sì, peccato che per come abbiamo organizzato il volo ci toccherà andare fino a Città del Messico e poi prendere un altro aereo!

La luce comincia a scemare, è tardo pomeriggio anche qui, adesso, ma non è questo che toglie fascino al panorama: il problema è che tra qualche nuvola meno “fantasiosa” e le prime avvisaglie del leggendario inquinamento della capitale, ora il grigio domina il cielo. Scendiamo verso Ciudad de México, che oltre che inquinata dev'essere anche molto grande, a quanto dicono. Effettivamente sembra essere proprio così: continua a crescere, da case sparse a piccoli agglomerati, poi grandi quartieri, zone industriali, stradoni e via via fino a riempire la visuale. Chissà se un giorno verremo qui, a visitarla, a perdercisi.

Si scende, si aumenta la collezione di visti sul passaporto, (il che vuol dire che adesso per almeno 3 mesi siamo a posto, poi si vedrà), si recuperano le valigie, che da brave sono arrivate senza creare problemi, si cambiano un po' di soldi, si passa la dogana, ancora senza problemi, si sperimenta la difficoltà di trasportare tutto quel bagaglio in giro per l'aereoporto, ma le valigie con le ruote fanno miracoli, e si arriva infine al nuovo check-in: è il giro di boa dell'avventura volante, perché qui si scoprirà se accetteranno il nostro bagaglio anche per questo volo interno, o meglio quanto ci costerà. Ma siamo missionari, no? E l'accompagnamento divino sembra funzionare anche per queste piccolezze, così dopo che gli addetti al controllo bagagli ci hanno messo in difficoltà con il loro spagnolo chiusissimo, il simpatico uomo dei biglietti non solo ci parla in maniera comprensibile ma visto che veniamo da un volo intercontinentale ci fa passare tutto il carico senza supplementi. Qualche altra ora di attesa ed eccoci al terzo decollo di giornata, ma ormai siamo talmente avvezzi alla cosa che ne abbiamo persi alcuni, già addormentati.

Sono le 23 ora locale, le 06 di venerdì in Italia, quando atterriamo a Cancun, valigie comprese, che brave! Il nero della notte ci accoglie fuori dall'aereoporto, ma per fortuna non solo questo: scansato l'assalto dei tassisti ecco che ci viene incontro un Legionario di Cristo, li riconosci subito, dal sorriso e dall'abbigliamento, a fugare ogni nostro timore che ci abbandonassero lì (timori non del tutto infondati visto che scopriremo poi che senza l'intervento provvidenziale di Padre Nivardo sarebbero venuti a prenderci il giorno dopo). Il nostro autista e guida introduttiva è il simpatico Padre Alejandro, nuovo di qui, che ci accompagna a casa della famiglia che ci ospiterà per questo primo periodo: Adriana e Pepe (Josè, che in questa settimana è fuori casa per un ritiro) sono personaggi importanti della chiesa di qui, essendo formatori degli evangelizzatori a tempo pieno, ma soprattutto sono molto gentili e ospitali: “mi casa es vuestra casa” e così siamo a posto!

Bene, that's all folks, messaggini alle family e via a letto per recuperare le fatiche del lungo viaggio.

Alla prossima puntata!